Ma perché Berrettini (e altri) vanno tutti a Montecarlo?
Gli sportivi a Montecarlo
Berrettini non è l’unico tennista di successo ad avere la residenza a Montecarlo: tra gli altri, hanno fatto questa scelta Novak Djokovic, Daniil Medvedev, Alexander Zverev, e i nostri Jannik Sinner e Lorenzo Musetti. Sempre nell’ambito sportivo, in passato si è discusso anche della cittadinanza di due campioni della moto italiana: Max Biaggi e Loris Capirossi. Entrambi sono stati accusati e poi assolti per «residenza fraudolenta» nel Principato di Monaco. Ancora prima, il tenore Andrea Bocelli, anch’egli residente a Montecarlo, nel 2003 si è servito di un condono fiscale per corrispondere 5,7 milioni di euro all’erario.
Cosa sono i «paradisi fiscali»
Montecarlo, si dice spesso, è un «paradiso fiscale». L’espressione indica quei Paesi o zone in cui l’inquadramento legale (e quindi le restrizioni) che concerne le attività economiche è molto flessibile, e la pressione fiscale è molto bassa. Secondo la linguista Licia Corbolante, l’espressione sarebbe da un errore di traduzione: in inglese si dice infatti tax haven (haven significa «riparo»), che è molto simile a heaven, paradiso. Come scrive il Post, «i primi paradisi fiscali sono stati creati negli stati americani del New Jersey e del Delaware alla fine dell’Ottocento e alcune isole dell’allora Impero Britannico».
Il segreto assoluto svizzero
In questi luoghi vige una regola aurea: l’identità dei clienti non viene rivelata ad autorità straniere. È il modello lanciato dalla Svizzera agli inizi del Novecento, quando il suo Canton Zugo iniziò ad alleggerire le regole di impresa per attirare capitali stranieri. Una legge elvetica del 1934 tutt’ora in vigore ha reso la privacy dei correntisti legge dello stato, e da allora, a partire dal secondo Dopoguerra, il modello ha attecchito anche in altri Paesi: tra gli altri Panama, Libano, le Bahamas, le Cayman, ma anche l’Uruguay e il Lichtenstein.
La storia di Montecarlo
A tutt’oggi, qualunque Stato può diventare un «paradiso fiscale»: gli basta allentare i controlli sui capitali stranieri e deregolamentare l’attività di impresa nel tentativo di attirare business. A Montecarlo succede addirittura dal 1869, l’anno in cui i suoi cittadini sono stati esentati dalla tassazione diretta. Il Principato era nato 400 anni prima, quando Re Carlo VIII di Francia aveva l’autonomia del territorio. Nel 1869, la svolta, il principe Carlo III rimosse ogni tipo di tassazione per i residenti: niente imposte sul reddito, sul patrimonio o sulle plusvalenze. In quel modo, si penso, il Principato poteva prosperare senza l‘ausilio della vicinissima Francia. E grazie ai suoi casinò. E così da allora nobili e ricchi d’Europa corsero a vivere nel tratto di Costa Azzurra diventato paradiso fiscale.
38 mila abitanti, di 125 nazionalità
E ha funzionato. Secondo il censimento del 2016, la popolazione del Principato di Monaco (di cui Montecarlo è la città principale) conta 38 mila residenti, provenienti da più di 125 nazionalità. Tra loro, anche parecchi italiani (il 18% del totale). Ovvero sono in larga parte persone provenienti da altre nazioni, che hanno scelto il Principato come loro residenza.
Come si prende la residenza a Montecarlo?
La procedura per diventare cittadini monegaschi non è facilissima. Per chiedere la residenza, bisogna avere un conto in banca nel Principato con almeno 500 mila euro depositati; non avere «macchie» sulla propria fedina penale; e disporre di una casa, in cui si abita con continuità, proprio per evitare accuse di «residenza fraudolenta». Soluzione costosa visto che la media del costo a metro quadro è di 50 mila euro.
Il significato delle tasse
Ovviamente le tasse rappresentano uno dei capisaldi degli Stati di diritto. Grazie a esse è possibile il patto sociale tra cittadini e governanti. I primi danno parte dei loro guadagni allo Stato. E in cambio possono pretendere servizi dai secondi. È grazie alle tasse, e al contributo di ognuno, che sono possibili servizi di welfare come ospedali, scuole, strade, pensioni e così via.