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Google, Apple & co. : quante tasse pagano le Big Tech?

Si chiamano «Big Tech», perché sono effettivamente enormi. Talmente enormi da meritarsi un acronimo tutto loro: GAFAM. Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft sono le cinque maggiori multinazionali della tecnologia occidentale: 5 miliardi di utenti e almeno 1.000 mld $ di capitalizzazione in borsa per ciascuna.
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Quante Tasse Pagano le Big Tech?

La questione fiscale

E poi ci sono le tasse. Una pagina difficile, perché queste società sono da tempo accusate di pagarne meno del dovuto, o se non altro meno di quanto potrebbero. Fair Tax Mark, un’organizzazione britannica che certifica la buona condotta fiscale delle aziende, ha pubblicato un report secondo cui al 2019 i giganti della Silicon Valley avrebbero accumulato un tax gap di oltre 100 miliardi di dollari nel decennio precedente. Dicesi «tax gap», il divario tra le imposte che un’azienda pagherebbe in un regime di perfetto adempimento e quelle che poi effettivamente paga (molto meno).

33 miliardi di tasse in tutto

Ma quanto pagano davvero? Stando alla documentazione annuale, le Gafam stanno pagando attualmente poco meno di 33 miliardi di dollari di tasse in tutto il mondo. Una cifra non enorme, se si considera un fatturato complessivo di 1.000 mld $ l’anno.

Quanto pagano le Big Tech in Italia?

Alle nostre latitudini la situazione è la stessa: nel 2020 le filiali italiane dei primi 25 giganti internazionali del web (da cui, nel caso specifico, è stata esclusa Apple) secondo l’Area Studi di Mediobanca hanno versato poco meno di 80 milioni di euro al fisco del nostro Paese. Anche qui, una cifra non enorme considerando che insieme hanno fatturato 4,6 miliardi di euro occupando oltre 13 mila lavoratori. Sempre nel 2020, spiega il report, il 40% dell’utile è stato tassato in Stati dove la fiscalità è agevolata con un risparmio di tasse di quasi 11 miliardi di euro solo nell’anno preso in considerazione.

Perché le Big Tech pagano così poco?

Le ragione di un gettito fiscale così dipendono da diverse cause. Prima, i giganti del web hanno la consuetudine di spostare i ricavi delle loro società controllate in Italia in angoli di mondo dove le aliquote fiscali sono più favorevoli. Su tutti, le GAFAM hanno eletto a loro «seconda casa» l’Irlanda, Stato famoso per la sua celebre imposta di appena il 12,5% per le aziende aperte lì. Seconda causa, l’assenza o l’inefficacia di fatto di una tassa specifica sui fatturati di questi colossi. Un tema che tiene banco tanto in Italia quanto nel resto del mondo.

La web tax

Negli anni scorsi in Italia si è parlato molto della web tax: è una legge che vorrebbe far pagare le imposte indirette ai giganti del web che pure non usano la partita Iva del Paese in cui erogano i servizi (in altre parole se ne stanno ufficialmente in Irlanda anche se lavorano in Italia). Ma secondo i più critici la legge, dopo innumerevoli discussioni, è stata resa poco efficace. Piuttosto che all’interno dei singoli Stati, l’obiettivo è creare una normativa europea o addirittura internazionale per far pagare le imposte alle Big Tech. «Le aziende del digitale sono tassate al 9%», ha spiegato il commissario europeo agli Affari Economici e Monetari, Pierre Moscovici. «Quelle tradizionali al 23%. E questo non è accettabile».

Alice Bertolio
da Alice Bertolio
pubblicato il: 04.05.2022
aggiornato il: 04.05.2022

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